Fra le note di Finding Paradise: un breve viaggio che copre un’intera vita

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Cosa mi ha trasmesso Finding Paradise? Un articolo molto personale sugli aspetti principali dell’opera di Kan Gao.

Esistono uomini capaci di imprimere parte del proprio io in elementi a loro esterni. Il mondo li chiama pittori, scultori, architetti, poeti; in generale vengono definiti artisti.

Perché questa introduzione sull’arte? Perché l’articolo che state per leggere è incentrato proprio su un’opera d’arte. O meglio, su alcuni aspetti di quest’opera che mi hanno colpito particolarmente. Evitando altri giri di parole, l’opera in questione è Finding Paradise e l’autore è Kan Gao. Premetto che nell’articolo non tratterò elementi riguardanti la macro-trama della saga: ho già scritto un articolo sulla storia del mondo di To the Moon, probabilmente aggiornerò quello successivamente.

Buona lettura.

 

Come un pittore

Mi piace immaginare Kan Gao come un pittore. Un pittore che ha a portata di mano la tavolozza delle sfumature dell’animo umano ed è in procinto di scegliere quali adottare per dipingere il suo nuovo quadro. Per la sua prima opera, To the Moon, scelse di dare molto spazio alle tonalità amore e comunicazione. Nell’approcciarsi alla sua seconda opera (è giusto vedere A Bird Story e Finding Paradise legati fra loro, anche se di questo ne parleremo dopo), Kan aveva due opzioni disponibili: adottare gli stessi colori scelti in precedenza o sperimentare nuove tonalità. La prima scelta gli avrebbe garantito la riuscita di un quadro derivato dal suo capolavoro, ma ugualmente bello; la seconda non gli avrebbe dato nessuna certezza sull’esito, ma gli avrebbe permesso di dare sfogo alla sua creatività e alla sua voglia di riempire la sua opera di nuovi significati. Proprio in queste ultime parole risiede la poetica di Kan Gao: dare vita ad opere piene di significato. Un significato che sia tale prima per sé stesso e poi, fiducioso nel suo lavoro, che possa connettersi anche con altri.
Quando tutti si sarebbero aspettati una storia sulla falsariga di To the Moon, Kan ci stupisce, premettendoci di ascoltare note nuove. Così nasce Finding Paradise, dall’unione dei colori immaginazione, crescita, tempo e solitudine.

 

Un viaggio iniziato molto tempo fa

Come accennato in precedenza, il legame fra A Bird Story e Finding Paradise è molto più stretto di quello che l’opera condivide con lo stesso To the Moon. Ricordo che tempo fa, Kan Gao rivelò che non ci sarebbero stati uccelli in Finding Paradise, riferendosi ovviamente ad un’ipotetica mancanza di collegamenti con gli eventi di A Bird Story. Rimasi sinceramente stupito da queste parole, sapendo che il protagonista di A Bird Story sarebbe stato il paziente del gioco in questione, chiedendomi come potesse non trattare una parte così importante della vita del (l’ allora) bambino. Ora, con un sorriso sul volto, capisco come Kan Gao ci prese in giro: è effettivamente vero che, almeno apparentemente, l’uccellino di A Bird Story non sia presente in Finding Paradise, ma ora scopriamo che la piccola creatura, col passare del tempo, si è evoluta in Faye. E i riferimenti presenti in Finding Paradise, pur non essendo diretti, sono molto, molto profondi. Qui non si tratta di conoscere il capitolo precedente per comprendere la storia del successivo: se una persona si approccia ad opere del genere, deve conoscerle nella loro interezza per comprenderne il significato.

 

Colin

Impossibile non concludere parlando della stupenda caratterizzazione di un personaggio così complesso come Colin. Una caratterizzazione che viene portata avanti in ogni attimo dell’avventura, su più livelli, a partire dal classico livello comunicativo (i dialoghi e le azioni) fino a quello ambientale (tutti gli ambienti con cui interagiamo sono manifestazione soggettiva dei ricordi di Colin). Ma il livello di caratterizzazione più sottile, originale e straordinario riguarda la sua interazione con Faye.
Faye non è altro che immagine di un lato della personalità di Colin, di ciò che sarebbe voluto essere, ma che in realtà già era. Tutti i momenti che vengono espressi come interazione fra Colin e Faye non sono altro che momenti di crescita interiore, riguardante Colin e nessun altro.
Sin da piccolo è stato costretto a vivere da solo e, grazie ad una particolare inclinazione naturale, ha colmato questa mancanza grazie alla sua potente immaginazione, che ha dato vita inizialmente all’uccellino (compagno di avventure in A Bird Story) e successivamente alla più complessa Faye.
Bisogna sempre tenere in mente che l’uccellino e Faye sono entrambi parte dell’animo di Colin: l’uccellino, immagine infantile del desiderio di volare via da quella solitudine, si evolve in Faye, manifestazione di quella parte di Colin desiderosa di crescere e andare avanti, grazie ad un’amica che lo accompagnasse mano nella mano. Il passaggio fra i due “amici immaginari”, tuttavia, non avviene in maniera repentina: è interrotto da Rudog, pupazzo grazie al quale Colin, per un breve periodo, poté sentire vicino a sé i suoi genitori.
L’entità più complessa generata dall’immaginazione di Colin è Faye. Tutti noi siamo spinti a migliorare e a cambiare, direttamente o indirettamente, da stimoli esterni. Colin, vivendo costantemente in solitudine, riesce a trovare questi stimoli in sé stesso: impara a suonare il violino, diventa un pilota rispettato, conosce Sofia e mette su famiglia. Tutto grazie all’incoraggiamento di Faye, quindi di se stesso. La sua paura della solitudine lo porta dunque a crescere.

Ad un certo punto della sua vita, il giovane sembra superare le sue paure e riesce, con apparente rammarico, ad assimilare Faye, rendendola parte attiva di sé e non più inconscia. In realtà la paura e i dubbi non hanno mai lasciato completamente Colin: una prova schiacciante è la visione “oscura” di Faye mentre portava Asher al parco. Sembrava comunque che Colin avesse imparato a trattenere questo suo lato che tanto lo ha aiutato, ma tanto gli ha impedito di essere consapevole dei propri meriti, finché non gli viene sbattuta in faccia la possibilità di tornare indietro e di poter dubitare nuovamente di sé. Si tratta della pubblicità della Sigmund, fattore che, unito alle varie incertezze che la vecchiaia porta con sé, fa crollare quel castello di carte che Colin era riuscito a costruire nel tempo. L’evoluzione del personaggio si completa con il dialogo/monologo finale con Faye, occasione in cui la parte sicura ed insicura di Colin si trovano a confrontarsi prima di ricongiungersi e morire.

– “Dimmi soltanto una cosa: hai ancora dei rimpianti?”
– “Rimpianti… Sì, ne ho parecchi. Ma… Va bene così. Tutte le possibilità mancate, tutti gli sbagli e tutto ciò che volevo avere… Beh, sono stati parte di tutto questo. Hanno fatto sì che avessi tutto quello che ho ora. E quello che ho… Non lo scambierei per nulla al mondo.”
– “È quello che volevo sentire”.

In vecchiaia si compie quindi il passo finale, trovando un anello di congiunzione fra Colin e Faye, due facce di quella medaglia che Kan Gao ha saputo sussurrare, con dolcezza e personalità, alle anime di chi si fosse messo in ascolto.

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