Stiamo leggendo la miglior saga di My Hero Academia mai apparsa sulle pagine di Jump? L’analisi che seguirà conterrà spoiler inerenti a capitoli non ancora pubblicati in Italia, in particolare al 176!
My Hero Academia sta attraversando una saga di puro intermezzo.
Poco tempo prima, Midoriya e alcuni suoi compagni sono rimasti coinvolti nei loschi quanto pericolosi affari interni della yakuza. La situazione si è ovviamente risolta, come ci si aspetterebbe dal tipo di lettura a cui prestiamo la nostra complicità; non senza gravi perdite. Alle spalle ci siamo lasciati personaggi sofferti, delle buone personalità che sono riuscite a raccogliere il nostro entusiasmo per le loro vittorie, il nostro dispiacere per le loro perdite. Pur conoscendoli da una cinquantina di capitoli: poco più che nulla se confrontato alle saghe più godibili del panorama dei battle shonen.
Proprio per questo, gli avvenimenti che ci apprestiamo a seguire in queste settimane risultano essere una pausa, un periodo di calma tra distruzione e folli piani dei supercattivi.
Eppure, per quanto mi riguarda, è proprio in questi momenti che la serie dà il meglio di sé, nei momenti di quotidianità fatti di piccole sfide. La saga è cominciata con i preparativi per il festival culturale, una manifestazione che impegnerà tutti gli studenti della scuola ad aiutare il prossimo regalandogli qualche ora di intrattenimento e divertimento.
Il festival è una ricorrenza comune all’interno delle scuole, tanto per la U.A. quanto per qualsiasi altro complesso scolastico. Tuttavia, mai una tale iniziativa ha assunto un ruolo così importante come per questa saga che leggiamo, dove noi prendiamo respiro da concitati capitoli, ma i nostri protagonisti – poco più che ragazzi – prendono respiro per assimilare, accettare l’esistenza degli orrori visti: comportamenti reali, costanti nel mondo.
Midoriya è probabilmente colui che ha subito peggio quei momenti, trovandosi involontariamente al centro di un intricato tessuto relazionale cui ha il dubbio non appartenere: forse All Might ha sbagliato a donargli i suoi poteri quanto lui ad accettarli. Nonostante ciò, il nostro protagonista sta affrontando meglio che può la situazione, rincorrendo i propri obbiettivi e non deludendo le persone a lui care. Proprio per questo mette da parte i suoi problemi per aiutare qualcun’altro, per dare il suo contributo alla formazione di una nuova generazione di ragazzi dotati che non debbano vivere i propri poteri come una maledizione, che non debbano essere lo scherzo o il desiderio altrui. Ironico da chi, in un mondo come quello di My Hero Academia, è nato con la maledizione di non avere poteri.
A questo si aggiunge il suo allenamento per riuscire ad affrontare nuovamente quegli orrori visti, ma a testa alta. Midoriya è ben consapevole delle difficoltà che affliggono il mondo a lui circostante, avendo intuito ciò dalla pessima situazione in cui navigano le vecchie leve di supereroi e sapendo che lui e i suoi compagni di studi sono la prossima speranza per un mondo migliore.
In questi frangenti Midoriya sta affrontando Gentle, un web-villain in cerca di views che tenta di entrare nella U.A. Il cattivo di turno si avvale di un piano banale e della ripetitività della narrazione per diventare popolare e imprimere il suo nome nella storia – sfruttando i social.
Deku, dal canto suo, non può permettere che questo accada: non ora; perché l’atteso festival culturale inizierà da lì a pochi minuti e l’invasione di un criminale annullerebbe tutti gli sforzi e le promesse dei ragazzi che frequentano la scuola.
L’introduzione di un nemico come Gentle è senza dubbio simbolica. Non per l’esistenza in sé di una persona che sfrutta i social per muovere la propria vita anormale – siamo nel 2018, dovrebbe essere la normalità vedere queste interazioni con la tecnologia – quanto per la testimonianza di un mondo in mutamento. La saga passata avrà pure scosso i protagonisti della serie, ma quella ancora prima ha sconvolto tutto il mondo.
Sfruttare la propria influenza sui social e la popolarità di un video può sembrare una cosa di poco conto in confronto ai piani che i supereroi organizzano ormai quotidianamente per arginare e affrontare i danni sociali causati da All for One. Tuttavia, sono queste le piccole dinamiche e le piccole sfide che i protagonisti del manga di Kohei Horikoshi, per quanto mi riguarda, dovrebbero affrontare; sempre.
I protagonisti di My Hero Academia sono dei ragazzini e studiano per entrare sufficientemente preparati, in futuro, nel grande meccanismo sociale che relaziona tutti gli adulti. L’unica differenza con il nostro mondo è che loro non diventeranno ragionieri, ma supereroi. Ed è una differenza che abbiamo solo con i protagonisti della serie perché lì fuori, da qualche parte sulla Terra di MHA, ci sono ragazzi – con i superpoteri – che studiano per diventare ragionieri, o ingegneri edili (e che probabilmente troveranno un posto di lavoro solo da Starpugs Coffee). E come un quindicenne che studia ingegneria edile non verrà incaricato di presentare il progetto del Nakatomi Plaza, ai quindicenni che studiano supereroismo preventivo non verrà chiesto di salvare il mondo.
I protagonisti di My Hero Academia, dicevamo, sono dei ragazzini. Per loro la pace nel mondo ha la stessa importanza di segnare un gol nell’ora di educazione fisica. Per loro, ora, sono le piccole cose ad avere più importanza: un concerto, un ballo, un progetto scolastico. Sono cose che compongono il loro mondo, quello che vivono a questa loro età. Per questo Gentle, nella sua stravaganza – quasi “sataniana”, se siete appassionati di Dragon Ball – risulta un nemico temibile tanto quanto Kai Chisaki.
Il capitolo 176 della serie (“Deku VS il criminale Gentile!”) è emblematico nell’intero contesto da me descritto.
Deku non conosce i piani di Gentle, è solo a conoscenza del fatto che, nel momento in cui il criminale metterà piede all’interno del complesso scolastico, pienamente fiducioso delle manovre difensive, preventive ed evaquazione della sua scuola, il festival culturale verrà annullato. Per ovviare a questa situazione, Deku, un po’ scapestratamente, decide di fermare egli stesso il – pericoloso o meno – criminale, anche consapevole del fatto che nei dintorni di adulti che possano aiutarlo non ve ne sono. Per aiutare i propri compagni, cui grava pericolo nella loro psiche, Deku decide di mettere in atto gli sforzi del proprio allenamento e lo fa motivato da un mischione mentale di tutto ciò che ha appreso nell’allenamento con All Might e nelle prove del festival con Ashido, dimostrando di voler aiutare tanto Eri – che non ha ancora mai vissuto le gioie comuni dei ragazzini della sua età – quanto Jiro – ragazza un po’ insicura riguardo le proprie capacità nel campo della musica e dell’insegnamento. Non ci sono gradi di importanza, non vi è differenza tra l’abbattimento di un criminale e la riuscita di un concerto. Deku e suoi compagni sono ragazzini.
Con quanto sono qui a esporre, mi sarebbe piaciuto contrapporre tutto ciò di cui non ho grande considerazione riguardo il manga di Horikoshi. Tutti elementi, peraltro, molto rilevanti e che spesso non mi permettono di godere appieno di quest’opera. Tuttavia, rovinerei questo elogio saltato fuori quasi per caso, ragionando sugli ultimi capitoli e ripensando agli splendidi momenti di interazione scolastica che il manga sa offrire.
Quindi, pur consapevole che il manga non rimarrà mai coerente con quelli che reputo i suoi punti di forza (i piani degli editori sono altri, lo sappiamo da quando venne pubblicato il primo capitolo), concludo accettando di malgrado quanto finora raccontato perché è riuscito, concettualmente parlando, a imprimere significativamente forza in questi momenti da me così apprezzati.
Una gioia a voi e una a me. Un patto equo, ma fate sapere a me e allo staff di NerdGT.it se vorreste leggere anche le critiche negative che per questa volta mi – e vi – risparmio.