La recensione episodio per episodio della seconda stagione di Jessica Jones, per chi è troppo impegnato per fare maratone ma vuole comunque spazio per discutere
Durante la fruizione di un prodotto siamo esposti a una quantità incredibile di informazioni da parte dell’autore. Non si parla solo di tutti quegli elementi che ci permettono di comprendere e analizzare vicende e personaggi. Si parla soprattutto di quelle informazioni che ci comunicano con chiarezza chi è l’autore e quali scelte narrative adopera, quali sono i suoi riferimenti e a cosa mira.
Si instaura un vero e proprio rapporto con l’autore. Egli ci guida all’interno della sua opera e questo meccanismo, talvolta, può valorizzare gli elementi che la compongono. Tant’è vero che una storia scontata (che sia un film o un videogioco) non necessariamente è una brutta storia, anzi si presenta coerente con sé stessa e rispettosa con il fruitore.
Tutto questo non avviene in Jessica Jones. Prevalentemente, almeno.
Ma ‘sto Kilgrave?
Dai primi episodi si era percepita quasi la sfida di poter realizzare un prodotto valido anche senza Kilgrave, di poter scindere una volta per tutte il nome di Jessica da quello dell’uomo porpora. E questo senza rinnegare ciò che era stato fatto, tant’è che la backstory di Kilgrave è legata alle vicende di questa seconda stagione.
Con questo sesto episodio, tuttavia, il tessuto narrativo della stagione vacilla. Vi è un continuo tira e molla con Kilgrave e la sua figura, senza che venga specificata una linea chiara da seguire.
Questo riguarda anche Malcolm. Se inizialmente sembrava collaborare attivamente alle vicende, era già da un paio di episodi che veniva utilizzato come semplice jolly da giocare quando tutti gli altri personaggi erano troppo impegnati per fare qualcosa di secondario. Infatti, in questi episodi si è giocato molto più sul dualismo tra Jessica e Trish, non lasciando il minimo spazio per nessuno sforzo di Malcolm. Anche in questo episodio serve soltanto per ingarbugliare un altro contrasto tra le due sorelle, questa volta di natura puramente sessuale.
Narrare il nulla
L’episodio ha anche il grandissimo difetto di eccedere nelle proprie ideologie.
È estremamente più funzionale imprimere dei concetti con delle strizzate d’occhio sulla quotidianietà che non trattandole in prima persona, come del resto è stato fatto nelle puntate precedenti. In questo sesto episodio, invece, si urla la lotta al maschilismo (non solo, in realtà) in maniera esasperata. Un gran vocione solo per nascondere la pochezza della puntata, che acquista ragion d’esistere solo nella rivelazione finale (scontata ma logica, come dicevamo). Tutto il resto è piatto, inutile ed esageratamente portato per le lunghe.
La scena di Trish sull’autobus risulta decisamente la più ridicola, superando l’inseguimento di Whizzer del primo episodio.