La recensione episodio per episodio della seconda stagione di Jessica Jones, per chi è troppo impegnato per fare maratone ma vuole comunque spazio per discutere
La morte di un personaggio non è sempre facile da mandar giù, soprattutto se questo personaggio ci era simpatico. Tali personaggi ci rimangono in testa e spesso capita che balenino fuori solo per suggerirci cosa avrebbero detto o fatto loro in una nuova determinata situazione. Questo lo sa bene Melissa Rosenberg, che per l’appunto ha dedicato un breve spazio a Kilgrave nella seconda stagione di Jessica Jones.
Pensate se a morire non fosse un personaggio ma l’intera serie.
La seconda stagione di Jessica Jones non si presentava con le migliori delle premesse. Il nome della protagonista era troppo collegato a quello del proprio main villain, morto proprio al termine della prima stagione; i promessi toni noir avevano l’esigenza di mescolarsi a sapori più standard per amalgamarsi meglio con il resto delle serie Defenders; lo schema con cui sembravano dipanarsi tutte le altre serie Marvel/Netflix risultava ripetitivo e stantio. Senza contare i 13 episodi a stagione, un’arma a doppio taglio se non si ha nulla da raccontare.
Durante lo svolgimento, la stagione ha tenuto fede a tutti i pregiudizi, smentendoci di rado. I tentativi di distaccarsi da questi elementi sono risultati anche peggiori e poco attraenti rispetto alla formula originale, sembrando più una copia sbiadita del passato.
La conclusione
Il punto più dolente risultano essere i personaggi.
Inizialmente sembrava ci fosse la volontà di gestire tutto il cast in maniera armonica, non lasciando nessuno al caso e di rado invitandoci a proseguire per scoprire meglio come si sarebbero legati ed evoluti questi personaggi.
Malcolm e Trish sembravano dare un contributo concreto e fondante; così come Jeri e Oscar avevano l’opportunità di stuzzicare costantemente Jessica e la sua capacità di relazionarsi.
Risulta quindi faticoso accettare come poco di tutto questo sia stato rispettato e poco sia stato presentato come qualcosa di effettivamente valido. Gli ultimi due episodi in particolare, “Pregate per Patsy” e “Luna Park”, mostrano dei personaggi totalmente incapaci di seguire un proprio percorso. Una serie di pallottole vaganti consce del fatto che la fine della serie è ancora lontana e che un modo per intrattenerci lo devono trovare. Anche gettando al vento il minimo di costruzione psicologica e narrativa che si erano racimolati. Abbiamo assistito agli ultimi istanti di vita di una serie che è partita correndo, fino a ridursi carponi e infine proseguire strisciando verso la tanto agognata fine. Tutto senza mai dimenticare, quasi fosse sotto il controllo di Kilgrave, che doveva comunque spettacolarizzarsi per il nostro intrattenimento.